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giovedì 7 maggio 2015

Il cambio euro-dollaro e il prezzo del Surface 3 (e dei nuovi tablet)

Il Surface 3 è un Tablet PC che, in Italia, non costa 499 euro pur costando, negli USA, 499 dollari - e questo ha sconvolto molti. Ma c'è poco da restare sconvolti - l'elettronica economica diventerà presto qualcosa appartenente al passato. Vediamo di capire perché.

A seguito della presentazione del Surface 3 molte persone - tra cui anche molti lettori del Tablet PC Italico e di Tablet PC Italia - sono rimaste scandalizzate dal prezzo del nuovo Tablet PC di Microsoft. Se i vecchi Surface, come del resto la maggior parte dei dispositivi, erano stati portati in Europa con un cambio 1:1 tra dollaro ed euro, il Surface 3 italiano costa ben 609 euro quando negli USA è acquistabile a 499 dollari. In molti hanno accusato più meno apertamente Microsoft Italia di "mangiarci sopra" e di aver alzato il prezzo di un dispositivo che doveva essere economico; in molti casi è stato sottolineata la ridotta differenza di prezzo con il Surface Pro 3 che, in offerta, viene spesso proposto a 699 euro. Le cose, però, sono molto più complesse di quanto sembrino.



Premessa numero uno: siamo in un periodo di crisi economica e per favorire l'economia l'Euro è stato svalutato.

La cosa può non essere sempre sotto gli occhi di tutti, in quanto come dice qualcuno i ristoranti effettivamente sono sempre pieni e un sacco di persone spendono un sacco di soldi in beni dalla dubbia utilità reale come smartphone pieghevoli da seicento o più euro - ma in tutta Europa molte aziende, in particolare quelle che vivono di produzione, hanno seri problemi da molti anni a causa della crisi economica.
Qualche mese fa, per favorire le esportazioni rendendo i prodotti delle nostre aziende più interessanti agli acquirenti esterni all'Europa, la Banca Centrale Europea ha iniziato a ridurre il valore dell'Euro. Questo processo ha favorito le esportazioni (per una azienda esterna all'Europa i prodotti europei sono in pochi mesi diventati più economici di circa il venti percento) senza però influenzare i prezzi interni - andare a fare la spesa al supermercato non è diventato più costoso, e una azienda europea che acquista i beni prodotti da un'altra azienda europea non ha aumentato le sue spese così come una azienda europea che vende all'estero non ha diminuito le sue entrate. La svalutazione dell'Euro ha favorito le esportazioni ma ha avuto pesantissime ripercussioni sulle importazioni: le aziende italiane ed europee che devono acquistare beni o materie prime vendute in dollari si sono in pochi mesi trovate a dover spendere il venti percento in più.
Va però detto che l'Europa è quasi totalmente autosufficiente e, riducendo all'osso, sono solo due le cose essenziali che è necessario importare dall'esterno: il petrolio e l'elettronica.

Il petrolio è una materia prima fondamentale nella nostra società ed un suo aumento del venti percento a causa del cambio avrebbe comportato enormi problemi - ma la svalutazione dell'Euro è (per quelle che semplificando all'estremo potremmo definire una serie di fortunate coincidenze) coincisa con un crollo del prezzo del greggio il cui prezzo si è dimezzato dallo scorso giugno - per cui nonostante la svalutazione il petrolio non è aumentato ma anzi è sceso. Per quanto riguarda l'elettronica, che viene prodotta quasi esclusivamente in Cina, il prezzo (che è in dollari) non è invece cambiato - il che significa che il prezzo di produzione dell'elettronica è, per le aziende europee, salito del venti percento in pochi mesi.

Premessa numero due: le società europee di elettronica in molti casi non sono vere società di elettronica ma semplici rivenditori.

Quando uno vede un PC si aspetta che questo sia venduto dalla sede italiana di una società più grossa. La realtà è che, per motivi fiscali e organizzativi, spesso queste "sedi" non sono parti reali delle società più grosse ma sono società completamente diverse che si occupano semplicemente di gestire le vendite di determinati prodotti in un determinato paese, in una sorta di enorme, globale franchising.

La maggior parte dei prodotti elettronici vengono ingegnerizzati, progettati e prodotti in quasi totale autonomia dalle varie "case madri" senza partecipazione da parte delle varie sedi locali (e questo è uno dei motivi per cui i dirigenti nazionali spesso ignorano in modo pressoché completo le specifiche degli oggetti che vendono).

Ad intervalli regolari (in genere tre-sei mesi) le sedi locali vengono a conoscenza di quello che è stato progettato e che verrà prodotto e, sulla base della loro esperienza, decidono se e quali prodotti portare sui vari mercati e in quali configurazioni portarlo. Di fatto quindi le sedi locali si occupano di decidere se un determinato prodotto è adatto al mercato della loro nazione (e questo spiega perché non tutti i prodotti sono presenti in tutte le nazioni: alcuni non sono stati ritenuti adatti a quella nazione); loro decidono inoltre quali configurazioni portare sul mercato (molti PC sono prodotti in diversi colori e con diverse possibili combinazioni di CPU/HDD/RAM ma non tutte queste combinazioni sono commercializzate in tutti i paesi) e soprattutto quanti pezzi acquistare di ogni singola configurazione scelta.

Di fatto le aziende nazionali assomigliano molto a dei rivenditori: la società madre propone loro una lista di prodotti dotati di un ben preciso listino prezzi (non negoziabile ed in dollari) e le aziende nazionali decidono, all'interno di questa lista, cosa comprare per poi rivendere sul singolo mercato. Questi acquisti vengono fatti tra i tre e i sei mesi prima dell'effettivo arrivo del prodotto nei negozi.

Premessa numero tre: se il PC costa meno di settecento euro, il margine di profitto per il produttore è prossimo allo zero.

Una delle realtà più incredibili e meno conosciute del mondo dei PC è che i profitti delle aziende sono ridicolmente bassi. Se si va in un normale negozio di elettronica e si guarda un PC che costa meno di seicento euro IVA inclusa, quel PC farà guadagnare alla sede italiana del produttore meno di cinquanta euro - e non si parla di prodotti sottocosto o in offerta. In molti casi il profitto scende a meno di dieci euro al pezzo e certi prodotti vengono proposti solo per evitare che il vuoto venga riempito da un concorrente.

Anche il margine del rivenditore è estremamente basso: potendo osservare le statistiche di un normale negozio appartenente ad una catena di elettronica si potrà vedere che spesso il margine di guadagno medio per i PC è compreso tra il due ed il cinque percento - e questo è il motivo per cui insieme al PC i commessi sono tanto solerti nel proporre l'estensione di garanzia, la custodia, il disco esterno, l'antivirus e Office. Se il commesso vi vende semplicemente un PC, il negozio non guadagna: il guadagno si fa sugli accessori e sulle garanzie.
Il discorso cambia profondamente se il PC costa più di seicento euro: in questo caso il margine, sia per il produttore che per il rivenditore, aumenta in modo considerevole (caso particolare sono i dispositivi professionali che, vantando tecnologie, garanzie e metodologie produttive particolari, ed essendo prodotti in numeri ridotti, costano molto di più).

Vendendo PC, specie se economici, non si guadagna. Questo è il motivo per cui nel 2008 le varie società hanno colto l'opportunità al balzo per abbandonare il mercato dei netbook in favore di quello dei tablet: i netbook vendevano tantissimo in termini di numeri, portando quote di mercato utili alle azioni ma non alle finanze (il margine su un netbook era quasi zero), mentre per i tablet con Android, che richiedono componentistica a bassissimo costo, il margine sale a percentuali a due o tre cifre. Spesso non si guadagna in modo serio nemmeno vendendo PC di fascia medio-alta - e questo è il motivo per cui negli ultimi otto anni società del calibro di IBM e Sony hanno scelto di uscire completamente dal mercato PC, e questo è il motivo per cui Samsung non vende più PC in Europa - continuando però a sommergere il Vecchio Continente con i suoi Galaxy.

Cosa significa tutto questo?

Margini di profitto ridotti, acquisti che vanno fatti in dollari e svalutazione dell'euro sul dollaro sono tre premesse che portano ad una sola conclusione: il treno che ci portava nel paese dei balocchi era gestito da Trenitalia ed è stato soppresso. Le feste sono finite.

Ad agosto 2014, quando è stato lanciato il Surface Pro 3, un euro valeva 1,34 dollari. Questo significa che le varie Microsoft Europee hanno potuto acquistare i Surface Pro 3 con processore Core i3 a meno di seicento euro al pezzo, per poi aggiungere margine e tasse e proporlo a 799 euro IVA inclusa, che per caso risultava apparire come cambio 1:1.

Il primo aprile 2015 un euro valeva 1,07 dollari. Questo significa che se le Microsoft Europee dovessero acquistare i Surface Pro 3 adesso, dovrebbero acquistarlo a centocinquanta euro in più il pezzo - e aggiungendo margine e tasse il Surface Pro 3 con processore Core i3 non potrebbe essere venduto a meno di 950 euro. Il Surface Pro 3 attualmente costa 799 euro perché è già stato acquistato a questo prezzo ormai quasi un anno fa, con un cambio enormemente più favorevole.

Con il cambio attuale le Microsoft Europee possono acquistare il Surface 3 a non meno di 430-450 euro al pezzo e aggiungendo il margine e l'IVA il costo sale ai 600 euro richiesti. Con il cambio di agosto 2014 le Microsoft Europee avrebbero potuto acquistare il Surface 3 a circa 350-370 euro al pezzo e aggiungendo margine e tasse potrebbero facilmente proporlo a 499 euro IVA inclusa. Il cambio a 1,34 però non esiste più ed allo stato attuale per le Microsoft Europee non è assolutamente possibile vendere il Surface 3 a meno di seicento euro senza andare in pari o perderci.

Non si tratta di una presa in giro da parte della cattiva Microsoft che propone prodotti Atom a prezzi assurdi, ma di semplice matematica. Come europei, siamo costretti ad acquistare l'elettronica in dollari e questo significa che le stesse cose costano il venti percento in più rispetto a sei mesi fa; questo si ripercuoterà pesantemente sui prezzi finali italiani ed europei. Le prime conseguenze sono già osservabili: il Microsoft Surface 3 che costa 609 euro (499 dollari negli USA); l'HP Spectre 13 x360 che costa 1100 euro (899 dollari negli USA); il MacBook Pro 15 Retina che costa 2299 euro (1999 dollari negli USA) o nella versione superiore 2849 euro (2499 dollari negli USA) - e che da un giorno con l'altro è stato alzato di prezzo (da 2099 a 2299 euro e da 2529 a 2849 euro) senza modifica delle specifiche.

La svalutazione dell'euro non si mostra però solo con l'aumento dei prezzi, ma anche con ritardi e mancati lanci. HP non ha portato in Italia lo Stream 8, ASUS è fortemente indecisa sui T90 Chi. Portare sul mercato dispositivi economici che non sono più economici comporta il forte rischio di riempire i magazzini di prodotti invenduti, rischio aumentato dal prossimo lancio di Windows 10 che agli occhi di molti renderà improvvisamente vecchi i prodotti assemblati una manciata di giorni fa.

Questo ovviamente non sarà limitato ai soli Tablet PC. Telefoni cellulari, PC, componenti, forni a microonde, televisioni - tutto quello che funziona mediante elettroni viene ormai da anni prodotto quasi unicamente in Cina, Taiwan o paesi dell'area. Le aziende produttrici si fanno pagare in dollari americani e le varie società che vogliono acquistare i prodotti, siano esse europee, americane, orientali, africane o marziane, devono pagare in dollari. Solo i prodotti giapponesi si salveranno - lì spesso hanno ancora l'abitudine di farsi pagare in Yen, e il cambio euro/yen è relativamente stabile.

I prezzi stanno salendo e con le prossime consegne saliranno. Preparatevi alla cosa, perché è molto probabile che il cambio resterà sfavorevole - e anche il Surface Pro 4 e tutta la generazione di Tablet PC che è stata ordinata alle fabbriche a partire da fine marzo potrebbe costare parecchio.

Articolo di Tablet PC Italia - Non vantarti del lavoro altrui, cita sempre la fonte della notizia.

9 commenti:

  1. Finalmente qualcuno che mi ha spiegato per quale motivo da noi l'elettronica costa sempre di più! Grazie!

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  2. Meno male che ogni tanto grandi catene fanno grandi sconti. Surface 3 a 482euro da Unì euro.

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    1. Si, ma a che prezzo? Trony ha chiuso, MediaWorld ha appena annunciato novecento esuberi per ridurre le perdite. I lavoratori di Unieuro sono in contratto di solidarietà ormai da più di un anno e quando questo finirà quasi sicuramente si andrà a chiudere punti vendita e ridurre il personale anche lì. La guerra dei prezzi porta vantaggi immediati per il consumatore, ma non è sostenibile nemmeno sul medio periodo.
      Nel giro di dieci anni i negozi come li conosciamo scompariranno, sostituiti da delle sorta di vetrine e dagli acquisti online - con tutte le conseguenti problematiche di eventuale restituzione non immediata e disoccupazione.

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  3. Purtroppo questo scenario é presente un po' tutti i settori..

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  4. Incrociamo le dita.. Magari l'euro tornerà ad essere forte nei confronti del dollaro..

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    1. C'è poco da incrociare... elettronica a parte, un euro debole è un vantaggio notevole - non è che la Banca Centrale Europea lo agisce per diletto, il calo di valore dell'euro è un fortissimo strumento di sostegno alle imprese.

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  5. Solo alle grandi che esportano fuori dalla comunità europea però.. Le piccole che importano si troveranno sempre in difficolta.. Anzi per loro costano di più anche eventuali materie prime.

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  6. Grazie Custode,
    articolo molto interessante e ben articolato
    sicuramente meglio della quasi totalità dei commenti in altri blog forum
    è caro...
    stesso prezzo del pro...
    scaffale...
    senza soffermarsi, nemmeno per un attimo, a riflettere sulle motivazioni che hanno portato a tutto ciò.
    il resto dello scenario che si prospetta nel prossimo futuro è molto preoccupante :(
    ciao
    marco

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  7. Acquistando online su negozi USA e pagando dogana e IVA ci si va a perdere?ci sono altri aspetti da tenere in considerazione?
    Grazie
    Fabio

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